V. 9 ottobre
Alberto Favretto:
Ricordati di respirare
Mi devo un attimo concentrare sul nulla. Mi prendo un tempo per osservare l’ossigeno che sto per inalare e l’anidride carbonica che ho appena sapientemente prodotto. Mi auguro che la notte non mi porti nemmeno un consiglio, non vorrei che mi svegliasse sul più bello.
Francesca Pennini:
Ogni imprevisto è una benedizione.
Sulle capacità digestive dei cannibali:
Arsura post sushi.
Sintomatologia da liofilizzazione delle mucose conseguente all’ingestione di alte dosi di glutammato e salsa di soia Kikkoman rimboccata da grandi taniche schifoman.
Alberto avrà mangiato il canguro?
Ci pensiamo che io ho mangiato l’anguilla? Un serpente caramellato.
Necessità di liquidi freschi, acidi, corrosivi.
Il bigliettino della fortuna dice: Lei e un genio percio domina il caos.
Un “genio percio”. Avevano problemi con gli accenti.
Il caos qui è sempre indomabile, lo è per definizione.
Io ci convivo, lo genero, lo modulo, ci navigo. Non lo domino.
Richiusa la porta di casa un precipitato amaro di solitudine.
Sotto la lingua, tra le scapole, nello sterno. Anche i piedi si avvicinano.
La giornata si svuota.
Vorrei ballare, essere alla festa con Emma e ballare come facevo stamani uscita dalla doccia.
È stato bello danzare tra gli alieni. Loro erano immobili come i personaggi di quella puntata di Star Trek che sono troppo lenti rispetto agli altri extraterrestri per cui i primi risultano fermi, i secondi invisibili.
Loro fermi. Io invisibile.
A breve nuove lenzuola in cui farmi fantasma.
Come cambiano le lenzuola del fantasma e quelle del sesso, della condivisione.
Due buchi neri contro le tracce di liquidi.
Oggi è la seconda volta che sto in scena sotto al telo. Abbiamo fatto quasi un filato.
Questa la mia scaletta dei discorsi:
INIZIARE IMPREPARATI
IL PRESENTE È IL MIO SACRIFICIO
NEL DUBBIO DÌ LA VERITÀ
LA STORIA DI UN NEONATO ANZIANO
PROLIFERAZIONE, INFESTAZIONE, FORESTA
DIVENTO UN FANTASMA
GHOST TRACK / ESERCIZI DI PENSIERO
SOLO CARTOLINE
DORMIRE È LECITO, È SENTIRE
TIRARE LA CORDA
/
FLASH ALIENI: BALLA BALLA E FOTO
FLASH 123 STELLA: MOLESTIA
FLASH KARMA: OMBRA VIENNESE
VI GUARDO GUARDARE L’ULTIMA SCENA
VOMITORIUM: GHOSTR TRACK / 12 MINUTI DI PAUSA VOMITORIUM / DOPO MANIFESTO CANNIBALE
Mi piace parlare dei corpi congelati o dormienti in scena. Mi sento come mio padre che raccontava le diapositive delle ferie la domenica pomeriggio (Luciano Noristi, il suo collega ectomorfo, e sua moglie troppo espansiva Ester, i biscotti ritornelli, la noia, la penombra asfissiante delle tapparelle abbassate e le ombre cinesi. La diapositiva che si inceppava o magicamente sovrapponeva alla successiva.)
Poi mi infilo sotto al telo e il tempo si dilata. Non sono nemmeno più in scena. La tecnica dello struzzo funziona benissimo. Sono sola, tranquilla. Potrei dormire anche io.
Immagino l’azione di Davide, il suo sguardo aprirsi alla platea. La meraviglia di questo corpo che viene al mondo, la sua presenza solenne e delicata, con quella dignità da maggiordomo di 007… che poi diventa 007).
Mi sembra passare un tempo infinito e parte Attrazione Pericolosa. Mi chiedo se Carmine ha fatto scendere la mina, come dicevo con Angelo… O se non glielo ha ancora detto.
Le scarpe di Carmine non fanno abbastanza rumore.
Il mio cellulare inizia a suonare, evidentemente ho sbagliato a mettere il silenzioso. Che fail. Ho quei brividini da imbarazzo come se fossi a scuola. E’ Carolina che mi scrive “hai fermato la tua pausa dal palco?” e in qualche modo sembra sapere cosa sto combinando… Anche se si riferisce al mio ritiro temporaneo dalle scene.
Al buio successivo vado a tentoni a staccarlo e qualcuno ride, credo Angelo. Chissà se ride di me.
Gli alieni. La scena parte due volte. Era così? Non ricordo più.
Tiro fuori il braccio e sparo il flash. Coordino malissimo il pum della voce… Il braccio non esce dal lenzuolo… Insomma quel poco che posso sbagliare lo sbaglio.
La danza mi diverte però. Infilo la testa tra le braccia di Teodora, imito la posa di Emma, salto in groppa a Carmine che è scivolosissimo.
Torno sotto al telo. Li sento bisbigliare e penso che ci sia un problema. La tentazione di frenare per vedere cosa succede è alta.
Freschino ai piedi. Mi accorgo di non averli coperti bene… E pensando ai miei piedi mi rendo conto che forse bisbigliano perché fanno la scena dei piedi! Chissà cosa si dicono.
Sento applaudire, fanno “Applausi”. Non mi rendevo conto che applaudissero anche loro.
Li blocco durante la scena successiva e li trovo in diagonale. Molesto alcuni di loro, chissà come è proseguita la scena! Tento un can can maldestro senza riuscire a non commentarlo. La gonna mi blocca le gambe.
Devo trovare un costume.
Forse ora c’è Homo Erectus. Chissà se la magia è successa di nuovo.
Su Karma li faccio danzare su Laura Betti che canta Solamente gli occhi… “Conosco un cannibale che si chiamava Annibale… etc etc”. Faccio mangiare la testa di Davide dalla mia ombra e finisce con un ondeggiante “su le mani” stile balli di gruppo.
Mi siedo tra il pubblico e ad ogni flash del fondale vedo il viso degli spettatori. Solo due ora. Uno di fronte a me, si gratta la barba, la testa, si mangia la barba, si attorciglia i capelli. E’ sicuramente un cannibale. L’altra più in fondo, a destra. Si stropiccia gli occhi torturati.
Li guardo guardare, li vedo accecarsi.
In che modo tutto questo è solo un mio gioco?
Mi lacrimano gli occhi e i pensieri sono pesanti e ottusi.
Cedo al sonno. Che l’orizzontale si preoccupi della mia digestione.
Spero di sparire in fretta. Mi stringo a me.
Carmine Parise:
Sii empatico
Non so proprio cosa dire.
Penso di non avere le forze per scrivere nulla.
Poi non sono per niente in grado di farlo.
Forse non mi piace, forse non lo so.
Crollo a letto.
Voglio bene a tutti, in questi giorni sono stati davvero bravi.
Emma Saba:
IT IS WHAT IT IS
Quando non sai cosa scrivere prima di tutto inizia a scrivere
Due anni fa stavo parlando con Dominique alla fine di una lezione di Shaolim. Gli dicevo che la mia fiducia nel miglioramento con la ripetizione si scontrava con la sua frase “se avessi una pistola puntata alla tempia terresti le stands per 30 minuti”. L’idea che sia la mente a bloccare il corpo dal fare cose che pensa di non poter fare, (l’idea del dolore, invece del dolore in sé) mi portava piuttosto verso la frustrazione, rispetto ad un progresso graduale dal quale avrei potuto trarre qualche soddisfazione. Come al solito mi ha risposto con una metafora. Quando pianti un seme, se ogni giorno controlli nella terra di quanto sono cresciute le radici vedrai un miglioramento così piccolo da non notarlo. Controlla la pianta non più di una volta al mese.
Oggi la pianta di Manifesto Cannibale è passata da essere un agglomerato di piccole piantine all’essere un alberello. Improvvisamente. Non l’avevo ancora vista così.
Uff metafore giardiniere anche se io faccio morire tutte le piante. E anche tutti i telefoni. E anche le bici. Ho lasciato la bici di Marie a Prilly ma ho le chiavi con me. È bello sapere che c’è lei nella mia camera. Non ho ancora scritto ad Aisi che è in ospedale. Domani. Assolutamente. Insieme ad altre mille cose che devo assolutamente fare ma che probabilmente non farò.
Pensavo di fare un sacco festa invece dopo poco ero stanchissima e sono tornata a casa. Vabbè. Oggi hanno rioccupato XM24. Domani c’è l’assemblea nazionale di nudm qui a Bologna.
Matilde Buzzoni:
Nelle relazioni umane gli individui assumono alternativamente tre ruoli a seconda del loro grado di dipendenza dall’altra persona:
-Pomodori: necessitano di appoggiarsi a qualcosa o qualcuno per sostenersi. Alto grado di dipendenza;
-Melanzane: riescono a sostenersi da sole e possono offrire sostegno. Sono realizzate ma non perfettamente stabili;
-Stecchi. Perfettamente sostenuti e realizzati. Spesso vengono scambiati come il perfetto sostegno.
Le relazioni sono descrivibili come combinazioni di coppie dei tre soggetti. L’esperienza insegna che ogni ruolo non è necessariamente permanente.
Appena ho sentito questa descrizione da Rebecca, che la riportava come massima teoria del suo relatore persianista, ho pensato fosse perfetta per Manifesto Cannibale. Le relazioni umane a volte assumono connotati che le rendono altamente cannibali. La relazione tra due pomodori è cannibale per entrambi. Forse una qualsiasi relazione per uno stecco a tratti diventa cannibale. Ogni compromesso, adattamento e proposta che attuiamo nel relazionarci con gli altri ha un lontano sottotesto cannibale o autocannibale.
Volevo riportare la teoria dei pomodori-melanzane-stecchi prima o poi, ma oggi Francesca ha usato questa metafora e ho capito che era il momento giusto per scriverla:
“È come se io volessi piantare un pomodoro in un campo, ma poi oltre al pomodoro sono nate un sacco di altre piante e alla fine l’ecosistema ha creato una foresta. Però in quella foresta è comunque cresciuto il mio pomodoro”
Teodora Grano:
748. A volte il risveglio può essere molto pericoloso.
Scrivo il mio tractatus del 9 ottobre oggi che è il giorno dopo.
Se non lo avessi scritto, a parte chi è nel gruppo whatsapp Magazzino Cannibale, nessuno lo avrebbe mai saputo.
[DIGRESSIONE SULL’ARCHIVIO :Abbiamo 3 gruppi whatsapp per questo lavoro: MANIFESTO CANNIBALE è stato usato da giugno 2020 a giugno 2021.
Su questo gruppo whatsapp abbiamo raccolto i fondi delle residenze di Ferrara di giugno e agosto 2020 e Longiano 2020. Ma anche comunicazioni di servizio e foto varie di piante. Per lo più inviate da Finotti e per lo più fallomorfe. Poi abbiamo creato ABACA LINFE SENI MONT che è l’anagramma di Manifesto Cannibale generato da un algoritmo, dove ci sono comunicazioni di servizio e cazzeggi vari. Da luglio 2021 abbiamo creato MAGAZZINO CANNIBALE dove raccogliamo i fondi che sono diventati più complessi di una semplice riflessione sulla giornata tra audiodiari, videodiari, fotodiari, eccetera. Invece MANIFESTO CANNIBALE è diventato il gruppo su cui scriviamo solo gli haiku. infine sto per creare il gruppo CANNIBALI NEL TEMPO LIBERO dove raccogliere foto extra di prove e tempo libero. In summa: il progresso della comunicazione ha fatto si che la base della comunicazione è la proliferazione collaterale. Il concetto si sposa pienamente con tutto il progetto Manifesto Cannibale che è una gigantesca proliferazione collaterale. Fine della digressione. ]
Dicevo : Se non lo avessi scritto, a parte chi è nel gruppo whatsapp Magazzino Cannibale, nessuno lo avrebbe saputo.
Questo mi dice due cose:
1 Il tempo nella scrittura è una manipolazione della coscienza altrui.
2 L’onestà è diventata una moda e uno stile.
REVIVAL DELLE RELAZIONI FORMALI
Sul punto 2 aggiungo che nelle relazioni l’onestà, la genuinità, le cose (che sembrano) vere sono diventate un must. Il casual, l’informale, il flusso di coscienza o la narrazione dell’autonarrazione sono presenti ovunque e forse hanno smesso di supportare relazioni reali. funzionano comunque? Forse si. Ma per fare qualcosa di veramente rivoluzionario adesso secondo me ci vorrebbe un ritorno drastico ai rapporti formali, una specie di revival del 1800. Una roba assurda e fuori luogo tanto quanto il terrapiattismo.
Da qualche mese penso che questa rottura di ogni schema formale non mi convince più, mi sembra che sminuisca le relazioni. Mi piacerebbe tornare a un antiquato formalismo. Dare del voi o del lei al mio compagno. Mantenere un distacco tra la mia sfera personale e le mie relazioni con gli altri. Quindi dire a qualcuno se oggi ho fatto la cacca oppure no diventerebbe un gesto rivoluzionario di relazione più che intima, forse più intima del farci sesso, a patto che fare sesso con qualcuno sia ancora considerabile una relazione intima.
Cosa è veramente intimo oggi? Secondo me nulla. Forse dare del voi a qualcuno è la nuova intimità.
TRACHEA
Una delle mie parole preferite di oggi è trachea. Così a intuito, sono certa che abbia una radice etimologica greca perché il suono -chea è in generale una mutazione del greco, è un suono che il latino ha ereditato da lì.
La cosa che davvero mi eccita della parola trachea è il suo essere dura, metallica. Come un taglio o una spaccatura. È una parola che sa di antico. Ma soprattutto è una parola che non lascia intuire quello a cui sottintende. Potrebbe essere un fiume della mitologia greca, uno di quei fiumi che prima di essere fiumi erano persone e poi per punizione divina diventano fiumi. Potrebbe essere il nome di una tribù durante una clamorosa battaglia. O il nome di un territorio ai confini di un impero. Potrebbe essere il nome di una spada sacra o il nome di un fiore estinto. Potrebbe essere il nome di un rettile preistorico o il nome di un osso. E potrei continuare ad libitum.
Invece è un tubo, anzi una canna, che porta l’aria nei bronchi e nei polmoni ed è un intreccio di anelli. Ed è molto delicata e molto necessaria per essere vivi.
Mi piacerebbe chiamarmi trachea. Credo lo porterei bene come nome.
Adesso sembra che abbiamo trovato in che mondo si collocano le transizioni nello spettacolo. È un mondo sgranato, fatto di controluce e penombra, di colore tiepido. Somiglia all’argine di un fiume di notte, la parte bassa che costeggia il fiume riceve la luce dalla parte alta della città, e non è mai una luce diretta ma sempre transitoria, intermittente, filtrata. Nelle transizioni c’è Filippo e c’è il canto del frigo. Quell’armonico inquietante. Quel suono potrebbe chiamarsi trachea. Che infondo è proprio questo: una canna in cui si incanta l’aria. Filippo e Trachea. Un matrimonio in stile Kaufman, tipo i’m thinking of ending things.
La mattina sono scesa per la prima volta a piedi. La casa in cui stiamo è completamente isolata dal resto dell’urbanizzazione di Casalecchio. È l’unica casa. Ed è appoggiata su un colle. La Montagnola. (Che fantasia nel dare nomi, come chiamare un gatto Gatto). Dalla casa al teatro si arriva in due modi: o 30 minuti in macchina costeggiando i portici infiniti di San Luca, infilandosi nel culo di Casalecchio deviando sulla tangenziale dell’autostrada e uscendo nel costato di Casalecchio oppure con 30 minuti a piedi attraverso il parco.
Sono scesa con Emma. Simone e Carmine ci hanno superati in bici. Simone ci ha raggiunte e io sono scivolata sulla ghiaia, lui si è fermato ed è rimasto lì per un po’ mentre noi continuavamo a scendere. Poi ci ha superate e lo abbiamo trovato su una panchina della parte bassa del parco e ci ha detto che per fare prima dovevamo deviare a sinistra. Ci aspettava perché sapeva che avremmo sbagliato strada? Simone a volte sa essere molto sinistro nella sua innocenza perentoria. Nel parco io ed Emma abbiamo iniziato a notare tutti gli alberi storti. Cresciuti quasi in orizzontale. Come creature deviate contro natura che rifiutano la verticalità. Strano. Nel parco c’erano anche delle strane sculture amatoriali: sagome di uomini fatti di specchi, sagome monocrome di uomini accucciati su tronchi mozzi poggiati a terra con delle cavità nel petto, mani e braccia mozzate e bianche che uscivano dai rami, una porta in mezzo al nulla senza muri intorno con su scritto exit. Emma dice: “Comunque camminando con te mi sembra di vedere più cose. Se fossi stata sola non avrei visto queste cose.” Rispondo che pensavo fosse normale. Poi rifletto che forse non è così e che prestare i nostri occhi agli altri è qualcosa che stabilisce un’intimità molto specifica. Penso che mi mancano molto alcune persone con cui condividevo gli occhi. Anche una persona che ho amato molto mi ha detto una cosa simile una notte: i tuoi occhi Teo. Tutto il mondo dovrebbe vedere coi tuoi occhi.
Per me è sempre stato normale invece. Non mi sembra niente. È solo che la descrizione esatta della realtà supera sempre di gran lunga ogni immaginazione.
Mentre tornavo in macchina da Casalecchio a Ferrara con Matilde e Simone pensavo che oggi avrei scritto della materia del bianco.
Invece non l’ho fatto. E non lo farò. Non oggi.
PAVOR NOCTURNUS
Stanotte mi sono svegliata nel cuore della notte. Stavo avendo un attacco di panico nella realtà e nel sogno. Mi sono svegliata ansimando così forte mi sembrava di non riuscire più a respirare.
Stavo facendo un incubo che non ho voglia di raccontare. C’era una villa e un giardino. Che non conoscevo. E mi perdevo. E dovevo arrivare da qualche parte. Ma il cancello era chiuso. Succedevano cose brutte e molto reali. Una cosa del genere non mi succedeva da anni. Ma non è la prima volta. A volte mi sono svegliata urlando, a volte piangendo a dirotto, a volte ho avuto delle apnee e delle paralisi nel sonno. Quando mi sono svegliata anche Angelo era sveglio. Non so che ore fossero. Forse le 4. Perché lui aveva la deadline dell’haiku alle 4.14. e infatti il suo haiku è stato inviato a quell’ora.
Oggi Giulia mi raccontava che Emma questa settimana si è svegliata di notte e lei aveva paura che avesse il Pavor Nocturnus. Che è una cosa simile al sonnambulismo che hanno i bambini tra i 2 e i 4 anni. Si svegliano di notte urlando, piangendo e sono inconsolabili. Ma in realtà non sono svegli. Sono ancora in fase di sonno profondo pre-rem ma con gli occhi sbarrati. E al mattino non ricordano nulla. E non bisogna prenderli in braccio né svegliarli perché come nel sonnambulismo quel risveglio è pericoloso.
Esco a fumare e cerco in internet.
Parasonnia. Perturbazioni non patologiche del sonno. Terrore notturno. Sonnambulismo. Allucinazioni ipnagogiche. Sistema limbico.
Il risveglio può essere pericoloso, mi ripeto. Questa cosa ha uno strano sapore.
Simone Arganini:
To everything there is a season
A time to be born, a time to die
A time to plant, a time to reap
A time to dance, a time to mourn
A time to cast away stones, a time to gather stones together
(estratti da Turn, turn, turn by Pete Seeger)
A time to work, a time to rest, aggiungerei.
Viaggiando verso Casalecchio per gli ultimi giorni di creazione.