II. 21 luglio
Angelo Pedroni:
Io faccio lo sguardo. Come quel personaggio di Mel Brooks mal tradotto in Bellosguardo, ma ottenendo un piccolo capolavoro. Guardo e vedo. Poi parlo pure, ma quello sembra meno importante. C’è bisogno di qualcuno che guarda? Si, poche storie, c’è bisogno di qualcuno che guarda.
Chiudo gli occhi, cerco qualcosa nel buio virtuale fatto di macchie colorate dietro le palpebre, cerco dei corpi, cerco di trasformare il suono e il tatto in immagine, di farne a meno di questo dittatore dei sensi, ma poi tutto si trasforma in immagine nell’ottusità della mente. Cerco il tempo verticale, cerco l’assenza della narrazione, cerco l’incontro con l’altro, quello troppo lontano per avere la sensazione di essere entrambi viventi, in qualche modo, da qualche parte. Non trovo niente. Una melassa strana di convinzioni e giudizi. E sotto quella un baratro di incertezze vertiginoso.
In scena ci sono dei corpi che dormono, forse.
In sala ci sono dei corpi che sudano, tanto, che ridono e pure che ci provano a portarla a casa. Il verde domina come un soprammobile di alto design, ma com’è che vivono? O meglio, siamo sicuri che siano vivi? Percezioni lontane dalle sensazioni di stare seguendo un binario di senso e al tempo stesso la certezza che c’è una traccia che ci salva, che è lì per essere percorsa in vista di un obiettivo.
Quando i pensieri sono confusi meglio tornare con i sensi decisi, quelli del senso. Meglio tornare alla vista. C’è davvero bisogno di qualcuno che guarda?
Simone Arganini:
Oggi per collegamenti. Cominciando dalla cena di stasera.
Buona la feta –> Seguirò i consigli di Emma –> La mano a picchetta –> Magliette larghe –> Cuffie rosse –> Che sonno, mi addormento anche se non mi sono sdraiato in scena –> Angelo vuole farmi una foto –> In camera mi sveglio e mi sento in un forno –> È importante lasciare un po’ di yogurt per tutti –> Il tecnico dal cappellino arancione non mi piace per niente –> Voglio vivere senza troppo giudizio –> La mamma –> Finalmente torno a gattonare tra le piante –> Di nuovo mano a picche, in anticipo –> Ci lavoreremo –> Un po’ ricordandosi com’era, un po’ scoprendo per la prima volta –> Il piano è troppo piccolo per entrarci 🙁 –> Io e Davide abbiamo hackerato la stampante di casa –> Chissà se Fra aveva bisogno dell’iMac a casa –> È bello sentire qualcuno che si prende cura, anche se è qualcuno che si fa pagare –> Il ginocchio mi ha fatto tanto arrabbiare stamattina –> Teodora si vede che ha insegnato ai circensi a faticare per tanti anni –> È bello prendersi il tempo per fare le cose –> Grazie Angelo –> Tanti video di arrampicata su Youtube –> Un pochino di arrampicata sull’albero –> Feta e melanzane –> Grazie Teodora –> Sguardi intensi, ma è così naturale guardarsi, come poteva spaventarmi! –> Ancora Angelo che spiega a modo suo –> Ho mancato l’aperitivo oggi –> Mi puoi aiutare? Dice il ragazzo per strada. Mmh, ok. Non l’ho aiutato poi –> Domanda finale –> Come starò alla fine di questa residenza?
Carmine Parise:
Fuoco nel fuoco
La terra sotto di me
Quadro di carne
Se non sono in grado di farlo, tu puoi aiutarmi?
Teodora Grano:
Before the beginning, a silent walk with N.J.:
“Ya dijimos no pero el si está en todo”
Sore muscles stories:
PAIN. I feel pain. Every time I sit down. Every time I stand up. Pain. PAIN.
Something about the others.
Emma ha i capelli del colore dell’agave blu, da cui si distilla la tequila. Tequila è femminile. Anche agave. In aggiunta una maglietta di velluto verde e un marsupio verde.
Lo strano rapporto di Simone con le mutande. Non si capiscono.
Il profilo ambiguo del corpo di Carmine che dorme. Sia femminile che maschile. Ermafrodito.
Something about THE others:
Filippo è diventato più bello. Più definito. È sempre il mio preferito. Idratata anche mi piace ma il nome no. Sto parlando dei fari. Filippo è un faro dietro il fondale. Idratata è una lampada a infrarossi in scena.
In scena abbiamo 4 piante. 2 sono state scritturate 2 ancora stanno in un limbo strano. Non stanno facendo un’audizione e comunque non credo verranno prese. Sono come delle tirocinanti che tengono in caldo il posto agli attori di ruolo che verranno scelti più avanti.
Comunque Abbiamo un problema. Nessuna di loro ha un nome. Mi sembra ingiusto nei loro confronti. anche i cicloni hanno un nome personale. Dobbiamo trovare dei nomi.
Un album uscito nel 2021:
Ki oni – Indoor plant life
tracks: Plant life I e II
Le copertine dei dischi usciti quest’anno sono molto diverse dalle copertine di prima. Ci sono due tipologie. La prima copre l’80% la seconda il restante 20.
Le prime sono minimaliste astratte, colori primari, poche linee, forme solide bidimensionali; le seconde sono volutamente kitsch psichedeliche.
Io sto invecchiando. Percepisco nel mondo un prima e un dopo. Come se mi fossi fermata da qualche parte senza esserne accorta. Da qualche anno mi sembra che mi abbiamo modificato il filtro con cui percepisco le cose. Ho cambiato sistema operativo. Tutto è come è sempre stato ma sembra tutto diverso. Quasi niente è più come prima.
Come quando è nato Cristo e hanno deciso da qui in poi: anno zero. Solo che io non l’ho capito dove l’hanno messo l’anno zero nella mia vita. So solo che adesso sono dopo Cristo. Cristo!
(Come promesso) Una rubrica sul paradosso di Fermi – part one:
Los alamos 1950. Pausa pranzo. Alla mensa.
Fermi. Konopinski. Teller. York. + altri 4.
– Edward what do you think ? How probable is that within the next 10 years we shall have a clear evidence of a material object moving faster than light?
– 10-6
– This is much too low the probability is more like 10%
E poi Fermi fa:
– Where are they? Secondo Teller
– Don’t you ever wonder where everybody is? Secondo York
– But where is everybody? Secondo Konopinski
Abbiamo una questione. Non riusciamo a ricordare le parole esatte. La sequenza esatta delle parole. Ricordiamo soprattutto il senso.
(Wikixplainig) il paradosso di Fermi riguarda la probabilità di entrare in contatto con forme di vita intelligente extraterrestre.
Si riassume nel seguente ragionamento: dato l’enorme numero di stelle nell’universo osservabile, è naturale pensare che la vita possa essersi sviluppata in un grande numero di pianeti e che moltissime civiltà extraterrestri evolute siano apparse durante la vita dell’universo. Da tale considerazione nasce la domanda:
“Se l’Universo e la nostra galassia pullulano di civiltà sviluppate, dove sono tutte quante?”
oppure:
“Se ci sono così tante civiltà evolute, perché non ne abbiamo ancora ricevuto le prove?”
La sequenza esatta delle parole:
Non vi state vestendo vi state infilando state entrando dentro.
Hack tactics:
Per non cadere dal precipizio dello sguardo nei funamboli ho usato un vecchio trucco. Sfocare la vista. L’effetto collaterale è che la vista si sdoppia. Quindi ho camminato in bilico con queste strane versioni pixelate di gemelli siamesi prodotte dal mio muscolo oculare. Quando siamo arrivati vicini. Vicini davvero, i loro occhi erano solo pupille, solo nero. enormi. Come il terrore allo stato puro. Come gli occhi degli alieni nelle foto sgranate rubate agli X-files del Pentagono sui siti dei fanatici del complotto alieno.
Mi sono lasciata guardare poi ho messo a fuoco. In quello specchio nero c’ero io che li guardavo.
A wish:
I WANT TO BE LIEVE
WHERE IS EVERYBODY?
Emma Saba:
21/07/21: meno di mezz’ora alle 22,22. Siamo tutti andati via dalla cucina per fare i compiti.
Riflessioni sparse sulla giornata:
Mi piace dormire su un palco teatrale. Vado lontanissimo nei pensieri e nelle connessioni, come quando sto per addormentarmi, ma allo stesso tempo una parte del mio cervello sa che sono in scena e presto dovrò fare qualcosa di molto preciso, come la vestizione per esempio. Non mi sono mai addormentata davvero ancora, è piuttosto uno stato di sogni lucidi. È una sensazione nuova, che ho un po’ sempre cercato di evitare per paura di addormentarmi, appunto. Non sono entrato nel tempo verticale invece nel freeze dopo le vasche. Affatto. Credo di parlare del lavoro in sala in questi scritti perché sono un po’ timido e so che tutte possono leggerli, e non le conosco (a parte qualcuno) ancora bene. Ma anche questo è personale. A volte ho l’impressione che lo spazio sia così grande che mi è difficile leggere l’energia tra i corpi, o la magia delle relazioni, e ho l’impressione che qualcosa mi sfugga. Ma ho spesso questa sensazione negli spazi teatrali grandi e vuoti. Tutte quelle sedie vuote con scritto “non sedersi” che ci guardano. Qualcun* nel pubblico si addormenterà durante lo spettacolo?
Davide Finotti:
21 luglio 2021.
Il tempo non scalfisce i ricordi, ne ho avuto la conferma oggi, al massimo li appanna, come alitare sopra un vetro offusca la visione di ciò che c’è dietro. Forse li mette solo nella giusta prospettiva?