II. 6 ottobre
Simone Arganini:
– Mangia a sazietà.
È bello ritrovarsi! E chiacchierare. Ho chiacchierato un po’ con Teodora tornando dal teatro. Abbiamo iniziato parlando della pagina Instagram che mi ha consigliato qualche mese fa, yourdiagnonsense. Check it out!
In questi giorni arrossisco spesso. Poi è un loop perché più arrossisco più me ne vergogno quindi la cosa aumenta. Accidenti!
Pensavo che creare uno spettacolo oscillasse tra essere una cosa naturale, ed essere un labirinto di scelte senza un vero parametro per decidere cosa sia meglio.
Oggi vado a letto presto. Sì.
Sono contento che Alberto sia con noi. Spero si stia trovando bene.
Topi.
Nambur.
Topinanbur!
Carmine Parise:
Non dare mai niente per scontato
Oggi un’altra bella giornata produttiva, ci siamo divertiti molto.
Eravamo abbastanza su di giri, sembrava che il gruppo fosse un po’ ubriaco. Per fortuna la cosa non è degenerata troppo.
Alla fine della giornata è arrivata Francesca, che felicità!!! È stato bellissimo provare assieme, peccato avere avuto poco tempo e una gran stanchezza.
In generale mi sembra che tutto proceda bene, dobbiamo solo fare attenzione a non sovraccaricarci troppo di lavoro.
Oggi, secondo il messaggio del biscotto della fortuna che ho mangiato domenica, doveva essere il mio giorno fortunato.
Ho giocato due schedine, ho speso 10€, ho vinto 10€. Patta. Ma penso avessi già bruciato la mia fortuna di oggi.
Teodora Grano:
690. La coprofagia è la punta più estrema dell’autocannibalismo. La stipsi ne è un surrogato modestamente educato.
Torno a piedi con Simone. Col disagio. Oggi ho il disagio. Mi sento come un cane che non riesce a stare da nessuna parte. Ovunque mi metto disagio. Mi sposto e disagio. Disagio. Disagio disagio.
Chiacchierare con Simone, fare la salita, pompare sangue nelle arterie, mi mette a posto il disagio. Gli dico: “Ci vorrebbero più persone come te in giro.”
Un pezzo di articolo che stavo cercando di leggere a pranzo: l’iperstoria (Floridi, 2014), la storia delle società fondate sull’accumulo di materiale informativo extragenetico, qual è il senso di continuare a rintracciare il vuoto cognitivo della vita umana non scritta? Qual è il valore culturale dei segni che usiamo per riempire quel vuoto, e in che rapporto mediato si trovano con i loro referenti inconoscibili?
(L’articolo parlava del sesso degli scheletri preistorici)
La madeleine di proust (dei povery):
I migliori pasticcini siciliani di mandorla del pasticcere dell’anno scorso. Noi infilati in una fessura di un raggio di sole della stessa piazza vuota di ieri. Casalecchio non è solo un’uscita dell’autostrada, è poco più. Noi lì, immortalati dal filtro pelle piallata del telefono di Davide. Sembriamo tutti più belli oppure pensiamo sempre di essere più brutti di quello che siamo. Io imbacuccata come la Befana. Sono giorni così, mi ci sento abbastanza la Befana. Mentre mangio il pasticcino mi ricordo una cosa. È una cosa che ha fatto parte della mia vita in modo importante. Una convinzione esistenziale. Una cosa che ho ripetuto per anni fino a qualche anno fa.
Dicevo: “Nella prossima vita voglio reincarnarmi nel mondo vegetale. Voglio rinascere fico d’india. Stare lì. ferma. Avere le pale. Fare i fichi d’india. Sto lì. Mi va bene anche una rotonda in mezzo al traffico. Voglio fare questo nella prossima vita.”
Una parte della mia prossima vita sembra essersi effettivamente travasata in questa. Ma solo a livello concettuale performativo. Va bene uguale. Vuol dire che forse ci riesco a reincarnarmi.
Note sparse:
Mina in dialetto ferrarese significa mica. Ma qui è la nostra dark pignatta.
La clessidra umana.
La parte non censurata dello spettacolo.
La poltrona della platea girata.
I pochi brani In maggiore di Schubert, dove comunque rimane la nota ambiguità in minore di Schubert.
Anche io come le piante vorrei fare finta di morire ogni inverno.
Pistolare. Pistolero. La fistola.
Paure: Sono distrutta. Adesso dovrei solo preparare il training di domani, farmi la doccia, leggere un libro e cercare di fare ordine e pulizia dentro questo casino che è “ildentrodime” invece penso che tutto quello che non scriverò di oggi verrà dimenticato per sempre. Ed eccola che torna. La paura delle paure: Il fottuto oblio.
Le cose belle di oggi:
Preambolo:
Angelo ieri: non faremo sperimentazione in questa residenza.
Angelo oggi: adesso facciamo una breve improvvisazione.
123 stella con cambi outfit.
Scene memorabili:
-Emma con pantaloncino da boxeur di ecopelle e una gonna a pieghe come maglietta mi chiede: “Mi infili tutto nel pantaloncino?”
“Ma poi le braccia come le tiri fuori?”
“Non fa nulla.”
Esce tipo insacchettata con solo testa e gambe fuori. E solo dopo si ricorda che le braccia in effetti le sarebbero servite per tappare gli occhi a Davide.
– Carmine con addosso un lenzuolo che si lancia in scivolata a terra, lancia il lenzuolo per aria e si immagina che per magia il lenzuolo cada aperto tipo piuma su di lui. Nope. Il lenzuolo cade oltre di lui accartocciato a terra. Nel frattempo lui è nudo in proscenio buttato per terra.
-Simone nudo con un lenzuolo legato a incrocio dalle spalle alla pancia.
“Simo dai! Almeno fatti le mutande da sumo!”
“Mmmh però non voglio perdere questa cosa fighissima che ho fatto.”
“Simo fa cagare.”
“Ok.” Si fa una mutanda da sumo brutta.
-Io con lenzuolo aperto come uno scudo che copro me Emma e Simone. Escono solo le teste e i piedi. Poi scatto repentino. Lascio cadere il lenzuolo e corro verso il pianoforte. In mutande. Cristo quanto abbiamo riso. Quanto. Quanto è bello quando tutto diventa così. Davide in abito nero che ride piegato sui tasti del pianoforte.
Le cose belle di oggi:
Erano molte di più. Ma a dispetto del fottuto oblio e della mia resistenza partigiana contro lo sbiancamento della memoria lascerò che tutte le cose belle che ho visto oggi svaniscano come le forme delle nuvole. Con atteggiamento zen.
I miliardi di cose belle oggi. I miliardi di disagio di oggi. Li vedo tutti. Si allontanano come processioni di zampognari a Natale e vanno verso un buio senza rumore. Mentre qui in cucina rimane solo il suono costante dell’aria intrappolata nella cappa.
Davide Finotti:
Oggi si è parlato di densità dei buchi neri. Mentre si parlava dell’esplosione di mina, a proposito della sua tendenza ad implodere, a deflagrare verso il proprio nucleo, verso il proprio centro. Mina, stando a quello che ci ha detto Alberto, non esploderà, o meglio non si espanderà con una forza deflagrare verso ogni punto esterno ad essa, ma – qualcuno l’ha paragonato ad un infarto oggi – tenderà ad una sorta di risucchio interno. Quanto può essere denso un buco nero? Quanto sarà densa mina nel proprio fulcro domani al momento della detonazione?
Solo un buco nero ha la densità sufficiente per stivare 4,1 milioni di masse solari in un volume così piccolo. Da Wikipedia.
Francesca Pennini:
E alcune piante crebbero falliche e vennero usate come dildi. Questo segnò la nascita delle spine.
Il tempo non è qualcosa che si ha. Il tempo è qualcosa che si fa.
Paralizzata nell’ingresso prima di partire per Bologna.
Paralizzata seduta in macchina con lo sportello aperto.
Respira, canta, respira.
Arrivo a Casalecchio e la scena è stupenda.
Negli abbracci degli altri mi sento a casa.
Saluto Alberto che non mi fa sgamare, Emma mi stringe e poi mi vedono anche gli altri.
Calore.
Pastine alla mandorla nell’unico raggio di sole.
Poi lavoriamo sul freeze fight, i pensieri e le idee iniziano ad accavallarsi nel dubbio di ciò che è detto e ciò che è mistero.
Racconto della mia volontà di girare una poltrona del pubblico, di vedere lo spettacolo dalla faccia degli spettatori.
“Esattamente ciò che fareste se vi dicessi che fra 12 minuti dovete stare danzando come vi piace”.
Altre forme di nudità.
Scegliamo il brano (Die Krahne – la cornacchia… da fantasma a cornacchia. Non più la gazza ladra dei 10 miniballetti, non la fenice incenerita) e l’azione decisamente pulp di Davide.
Io in tunica e tacchi con la cassa Bluetooth legata al petto. Il soffio di Fischer. Il suo polmone, la mia gola.
Il primo assioma è una risposta alla frase di Emma di ieri, la seconda a quella di Angelo. Un pensiero di stamani.
Buonanotte
Alberto Favretto:
Prima scrivi in brutacopia, dopo te rileze. No una, do volte. E dopo te copia in bèa. E dopo te ricontroea de ‘ver fat puìto.
C’è sempre un momento, dopo tutte le ore passate al buio, in cui si cerca la luce. Una striscia di luce tiepida ma che ancora scalda i mattoni della piazza.
Attirati dal sole ci scaldavamo attorno a pasticcini. Mi sento a mio agio.
Terzo giorno di lavoro. Parecchio lavoro, fin da subito. Bene. Meglio. Credo di avere molte più energie di quelle che pensavo di avere. Non trovo un solo motivo per risparmiarne una sola goccia.
Una sera cucino io.
Ho citato mio nonno che mi spiegava come fare i temi alle elementari.
Ogni volta che dovevo scrivere un tema a casa mia tutti si facevano il segno della croce.
Angelo Pedroni:
24. Ignorance is bliss o dell’arte di non leggere i programmi di sala
In ritardo. Il tempo che diventa reale. Passa la soglia dell’ora delle streghe e la sensazione è che non ci sia niente da fare. Aperture degli occhi e piccoli miracoli estemporanei. Apriamo la porta, fuori c’è il sole e non me l’aspettavo. Ci impantaniamo su immagini incompiute e al tempo stesso una forma all’orizzonte. Spero per il meglio. Le riflessioni sono diventate tutte tristemente tridimensionali, problem solving, artigianato. E di tanto in tanto la voragine di qualcosa di totalmente inaspettato che rimane in agguato come un piccolo cataclisma incombente. Rifuggo il nuovo. Mi spaventa un po’ perché il tempo si è fatto solido oggi. Mina non è esplosa. Non ancora. Non è neppure implosa anche se quello sembra essere il suo destino. Sono in attesa di un’illuminazione anche da parte sua. Che sia epico e pure un poco tamarro. Oggi i pensieri si sono fatti confusi. Meno male. Penso.
Emma Saba:
Il 6 ottobre è il primo giorno d’autunno. Autunno è voglia di ricapitolarsi.
Tante foglie intorno a noi. L’ombra delle bandierine nella piazza mi piace moltissimo. Non riesco a prevederne il movimento. Immagino così il cielo di notte, con il sole sopra le nuvole di Demetrio. Il sole nero sopra le nostre teste e i nostri sguardi di Manifesto. Quando sono in scena spesso me ne dimentico, ma lei è sempre là, Mina. Che proietta la sua ombra come la fila di bandierine nella piazza.
Avere una bella ombra ha grande influenza nelle fasi di corteggiamento tra oggetti.
Oggi ho rifiutato una proposta di lavoro molto sicura e anche bella. Che strano. La prossima lezione di Shaolim sarà molto intensa ho deciso.